
“Coltivare la Memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare.”
Liliana Segre
Triangolo viola
Inge. Così mi chiamavo, prima di diventare un triangolo viola.
Vivevo in Germania e la mia colpa fu quella di non giurare fedeltà al partito nazista e di non rinnegare la mia fede religiosa.
Il mio difetto, insieme a quello di altri fratelli e sorelle, fu quello di essere studenti biblici, testimoni di Geova.
Studiavo la parola di Dio. Studiavo per arrivare alla salvezza. Studiavo perché volevo sapere. Ma non lo permisero più.
Prelevarono me e la mia famiglia e ci portarono al campo di Dachau perché non ci piegammo al loro credo, a quella croce uncinata.
Mio padre e mio fratello vennero fucilati subito per non aver accettato di entrare nell’esercito del Reich. Noi morimmo poco tempo dopo.
Volevo solo studiare la Bibbia e invece cercarono di cancellare il nostro passaggio su questa Terra, ma voi non dimenticate quei triangoli viola.
Triangolo nero e marrone
Andrei. Così mi chiamavo prima diventare un triangolo nero.
Vivevo in Polonia e la mia colpa fu quella di essere un romanì, uno zingaro.
Con la mia famiglia suonavamo e cantavamo nelle piazze e io facevo dei numeri di equilibrismo per raccattare due soldi.
Eravamo una famiglia numerosa e la nostra casa era dove ci fermavamo ogni giorno.
Non siamo stati mai ben visti, ma il peggio è arrivato quando i nazisti invasero la Polonia.
Non fu più permesso a tutta la mia gente di poter girovagare e fare quello che abbiamo sempre fatto. Ci rinchiusero nei ghetti.
Qualcuno si ribellò, anzi, molti provarono a non piegarsi e furono uccisi o deportati.
Alla fine, ci deportarono tutti ad Auschwitz nel campo di Birkenau, in quello che veniva chiamato Zigeunerlager. Diventammo tutti un triangolo nero e un numero tatuato sulla pelle con un z a fianco. Andrei non esisteva più.
Anche lì, provavamo comunque a cantare e a non piegarci, nonostante le condizioni terribili in cui ci trovavamo.
Un giorno, qualcuno ci avvisò che le SS volevano svuotare il campo, sterminarci tutti, così, come facevano di continuo, tutti i giorni.
Allora provammo a ribellarci e a combattere. Un ultimo sussulto contro quei tiranni, quelle bestie incapaci di umanità.
Non servì e da quel giorno su quel luogo infernale il silenzio calò pesante.
Volevano cancellarci, ma voi non dimenticate di quei triangoli marroni e neri.
Triangolo Rosa
Philippe. Così mi chiamavo prima di diventare un triangolo rosa.
Vivevo in Alsazia e la mia colpa fu quella di amare un uomo.
Studiavo da ingegnere e fin da ragazzo mi accorsi che mi piacevano gli uomini e non le donne. Non erano tempi facili per chi non amava secondo convenzioni, ma io volevo amare, amare il mio compagno e nient’altro.
Tutto precipitò quando arrivarono i nazisti. Per loro eravamo da eliminare. Molti e molte di noi vennero castrati, sterilizzati, torturati, violati oppure usati come cavie in laboratori. Donne e uomini, persone, umiliate, straziate e private di tutto.
Pierre, il mio amore, venne ucciso a bastonate, a me toccò il campo di concentramento, dove trovai la morte.
Eppure, volevo soltanto amare. La cosa più pura che esista sulla Terra, amare
. Volevano cancellarci, ma voi non dimenticate quei triangoli rosa.
Triangolo bianco e contorno nero (IMI)
Salvatore così mi chiamavo prima di diventare un Triangolo bianco con la scritta IMI.
Vivevo in Sicilia e la mia colpa fu quella di arruolarmi nell’esercito italiano e partecipare alla guerra, ma, nonostante ciò, divenni un traditore.
Aiutavo i miei genitori nei campi e amavo fare il bagno al mare, appena potevo.
Mi arruolai e fui mandato con i miei commilitoni, in Grecia a combattere per la patria a fianco dell’esercito tedesco.
Tutto precipitò all’arrivo dell’8 settembre 1943 e la firma dell’armistizio quando i nostri alleati divennero i nostri nemici e i nostri nemici i nostri nuovi alleati. Un disastro!
Ci trovammo allo sbando totale. I tedeschi catturarono molti di noi e altri li fucilarono subito.
Ci portarono in Germania in un campo di concentramento, dopo un viaggio interminabile.
Al campo ci chiesero se volessimo aderire alla Repubblica di Salò e questo ci avrebbe liberato. Alcuni aderirono, ma io e altri, no! Con i fascisti e il fascismo avevamo chiuso.
Siamo stati trattati peggio dei cani, percossi e umiliati. Lavoravamo per ore e ore con ogni condizione di tempo e la fame che ci toglieva anche le ultime energie.
Sono morto un mese dopo, di fatica, di botte e di stenti, ormai ridotto a un mucchio d’ossa.
Volevano cancellarci, ma voi non dimenticate di quei triangoli bianchi e degli IMI.
Triangolo giallo
Adele. Così mi chiamavo prima di diventare un triangolo giallo.
Vivevo a Roma e la mia colpa fu quella di essere nata ebrea.
Ero una bambina del ghetto e nonostante il periodo di difficoltà di tutta la nostra comunità, amavo giocare e passare le mie giornate in strada con gli amici.
Il 16 ottobre del 1943 le truppe tedesche della Gestapo con l’aiuto di collaborazionisti fascisti, entrarono nel ghetto, ci prelevarono con la forza e due giorni dopo ci caricarono, spaventati e in condizioni disumane, su dei treni che erano dei veri e propri carri bestiame, senza nessuna pietà per anziani, donne e bambini.
La nostra destinazione era il campo di sterminio di Auschwitz in Polonia, ma a noi nessuno aveva detto niente.
Arrivammo di notte. Distrutti. Ma almeno mi trovavo ancora assieme a mia madre, mio padre e i miei fratelli.
Qualcuno delle persone che si trovava sul vagone con noi, morì durante il tragitto. I miei occhi videro quello che nessun bambino dovrebbe mai vedere.
Ci fecero scendere in mezzo a cani lupo che abbaiavano ferocemente e urla in tedesco che non capivamo.
Su quella rampa ci separarono da mio padre che fece di tutto per impedirlo, ma venne picchiato fino a quando non dovette lasciarci, e dai miei fratelli, senza neanche il tempo per un ultimo abbraccio.
Infine, attraverso il gesto di una mano di un caporale nazista, io e mia madre venimmo inviate alle docce. Così ci dissero. Docce!
Avevo otto anni, e sono morta in una camera a gas di un luogo di cui non conoscevo neanche l’esistenza.
Volevano cancellarci, ma voi non dimenticate di quei triangoli gialli.
VOI NON DIMENTICATE.
RICORDATE E NON FATELO ACCADERE MAI PIU’.
NON DIMENTICATE MAI!
27 gennaio 2023 Giornata della Memoria
Rocco Carta