“Io ti stringo le mani
Rimani qui
cadrà la neve a breve”
Costruire – Niccolò Fabi
“Sono le ore 18.30 su Radio Milano International. Previsioni meteo: in arrivo precipitazioni nevose molto intense su tutta la Pianura Padana e su Milano, nelle prossime ore e per tutta la notte…”
Daniele sta preparando uno spritz per un cliente, quando sente la conferma dell’arrivo della grande nevicata. È gennaio, un gennaio particolarmente freddo a Milano, come non si vedeva da parecchio tempo. Nonostante ciò, in questi primi mesi invernali, la neve non si è fatta vedere. A voler essere precisi sono almeno tre anni che non la si vede.
La nevicata che dovrebbe imbiancare la città, invece, preoccupa molto, anche perché sarà accompagnata da un forte vento gelido del nord e i media si sono affrettati ad etichettarla, prima ancora di vedere cadere il primo fiocco, come “la nevicata del secolo”.
“Cazzo, ci mancava la nevicata del secolo! “, impreca Daniele, rivolgendosi ad un cliente abituale, al bancone del bar “Sono preoccupato: se cadrà molta neve nelle prime ore, attraversare la città da sud a nord non sarà facile. Cristo, io abito alla Bovisa!”
Sì, perché il Bar Dani si trova collocato in Via Ripamonti, una lunga via del capoluogo che collega la fine del centro con la periferia sud. Dovrà chiudere il locale e con la sua automobile attraversare la città, per arrivare dall’altra parte, sperando di non trovare troppo caos.
“Tranquillo Dani, vedrai che non avrai grosse difficoltà a tornare a casa, ho già visto i mezzi spargisale sulle strade e gli spazzaneve sono già pronti” lo rassicura il cliente.
“Speriamo”
Il Bar Dani è uno dei bar e dei locali più frequentati della lunga arteria cittadina. È un locale abbastanza ampio, molto luminoso e da quando è stato cambiato l’arredamento, risulta simile ad uno dei bar o dei pub che fanno parte della movida milanese della zona dei Navigli.
Un punto di forza del locale è sicuramente la simpatia e la gentilezza del proprietario, così come quella del ragazzo e della ragazza che turnano dietro al bancone durante l’arco della giornata. Ma, a scanso di equivoci, dietro il bancone è situato in bellavista un cartello che recita due ammonimenti: “Qui non si fa credito a nessuno” e “Il cliente non ha sempre ragione”. Come a dire: “Ok, siamo gentili, ma solo fino a un certo punto”.
A differenza di molti bar del quartiere, Daniele ha scelto di non collocare, all’interno del locale, le macchinette mangia soldi, le slot machine e non ha voluto neanche il gioco del lotto e lotterie varie. Nel suo negozio nessuno deve rovinarsi la vita a causa di un vizio funesto, sempre più legalizzato dallo Stato.
Come dicevamo prima, il bar è ben frequentato a tutte le ore del giorno, non solo perché è in una posizione strategica, ovvero, vicino a negozi, uffici, banche e ditte, ma anche perché ha tutte le caratteristiche per invogliare i clienti ad entrarvi e accomodarsi.
Al mattino, l’odore del caffè e delle brioche calde, che arriva alle narici dei passanti, nonostante la stagione fredda e le porte chiuse, è invitante. All’ora di pranzo, la scelta dei primi e la varietà e dei panini è molto vasta e all’ora dell’aperitivo il bancone si trasforma in un luna park di stuzzichini di ogni genere e sapore: un semplice Happy Hour si trasforma quasi in una sontuosa cena. Ci tiene Daniele a far bella figura e soddisfare la clientela.
Ma che genere di clienti frequenta il bar?
La frequentazione varia a seconda dell’orario della giornata, ma l’umanità che varca quella soglia, lo fa per svariati motivi. Vi sono quelli che entrano per bere un caffè veloce e scappano via in fretta. Vi sono persone che entrano per rifocillarsi e, a seconda della stagione, per riscaldarsi o rinfrescarsi qualche minuto. Ma vi sono anche clienti abituali, con cui il nostro barista è entrato in confidenza: lui è conscio del fatto che frequentano il suo locale perché hanno voglia di raccontarsela un po’ su, perché nelle loro abitazioni magari si sentono soli e necessitano di una parte della giornata in compagnia. A Daniele piace questo aspetto del suo lavoro, lo chiama: servizio di pubblica utilità.
Non potrebbe essere diverso per uno come lui, nato e cresciuto nell’isola di Ustica in Sicilia, dove i suoi nonni gestivano un’osteria e dove lui fin da bambino ha imparato a stare in mezzo alle persone. Non avete idea di quanto gli manca quel calore, quei profumi, quel mare. Ma i suoi genitori, durante la sua adolescenza, hanno Milano per costruire un futuro per la propria famiglia. Ed eccolo qui, incastrato nella metropoli dove il mare può solo immaginarlo o tutt’al più vederlo in qualche cartolina.
Ma torniamo alla clientela. Ogni sera, viene a prendere l’aperitivo la signora Rosa. È una cliente abituale da molti anni. Si sedeva tutte le sere alla stessa ora, davanti a un crodino in compagnia di suo marito e della lettura dei quotidiani del giorno: il Corriere della Sera lei, la Gazzetta dello sport lui. Un anno fa, suo marito si è ammalto di tumore e, nel giro di pochi mesi, le metastasi se lo sono portato via. La signora Rosa continua a mantenere quell’abitudine, anzi, ha assoluto bisogno di mantenerla. Quel luogo fa parte di una routine quotidiana da cui non vuole affatto separarsi. Il crodino servito dal Daniele o da uno dei ragazzi del bar, farcito da un contorno di parole e sorrisi, la fa stare bene, la allontana dalla malinconia. Stasera è in fibrillazione, sua figlia sta arrivando con la sua nipotina Matilde, una bambina di 5 anni che è un vero portento, una vera forza della natura. La figlia, stasera, ha organizzato una cena con delle colleghe e colleghi di lavoro, quindi Matilde starà tutta la notte con sua nonna. Ogni volta che Rosa va a trovare sua nipote, oppure ogni volta che la nipote si reca a trovare lei, è un’autentica festa. Ore di risate, giochi, coccole che fanno bene al cuore di entrambe.
“Nonna!”, sente forte dopo aver aperto la porta. Matilde corre subito al tavolo della nonna. La scena strappa un sorriso e qualche luccicone ai presenti nel locale.
“Amore della nonna!” risponde Rosa abbracciandola forte.
“Ciao Daniele come stai? Giacomo e Claudia come stanno?”. Giacomo e Claudia sono i figli di Daniele, poco più grandi di Matilde, che di tanto in tanto passano alcune ore nel bar del padre. A Matilde è capitato di giocarci insieme.
“Bene Matilde, più tardi te li saluto. Vuoi qualcosa?”
“No, grazie. Appena arrivo a casa, faccio il picnic davanti alla televisione con la nonna. Vero nonna?”
“Certo, piccola. Ho già organizzato il programma della nostra serata”
Matilde saluta sua mamma che, a sua volta, saluta e abbraccia la sua di madre: una scala generazionale perfetta. Poi si avvia fuori dal locale e la bambina inizia a ridere e scherzare con la nonna. Calore in più all’interno di quel luogo.
Si apre di nuovo la porta e da quell’uscio entra un vento gelido e il volto infreddolito di Ahmed, con le mani ricoperte dai guanti che portano cinture, fazzoletti e accendini da vendere. Il saluto fra lui e Daniele apre un siparietto che strappa alcune risate ai clienti.
“Ciao terrone come stai?” esordisce Ahmed
“Ciao super terrone. Ricordati che arrivi da più a sud di me, fratello”, risponde Daniele sorridendogli e scambiando un cinque.
“Siediti un po’ qui cono noi, stai gelando! Tra poco probabilmente nevicherà, riposati un pochino.
“Grazie Dani, fa un cavolo di freddo”
Ahmed è eritreo, ha venticinque anni ed è arrivato in Italia da circa tre anni. Daniele l’ha subito preso in simpatia, fin dalle prime volte che ha varcato la soglia del locale.
Come dicevamo, Daniele è gentile con tutti ed è tollerante verso tutti i venditori di rose, accendini e chincaglieria varia che passano dal suo esercizio, a patto che siano altrettanto gentili e non troppo insistenti con i clienti. Poco gli è sempre importato se qualcuno della clientela ha avuto da dire su questa sua solidarietà. Ma Ahmed, non facciamone mistero, è quello con cui ha più legato.
Innanzitutto non è per niente insistente: è molto educato e rispettoso. Nonostante quello che la vita ha riservato a questo ragazzo, è una persona solare e non nega mai un sorriso a nessuno. Eppure, basta guardarlo in quegli occhi scuri e profondi, per capire ciò che il suo sorriso cordiale cerca di nascondere dentro di sé, ciò che la vista gli ha costretto a registrare nell’anima.
Il suo paese non ha mai avuto molto da offrirgli e le condizioni di vita della sua famiglia sono sempre state misere. Alcuni zii e cugini sono fuggiti in Europa alla fine del 2010 e sono riusciti a stabilirsi in Norvegia. La famiglia di Ahmed, invece, ha deciso di restare nel proprio paese.
All’inizio degli anni novanta, dopo la fine del conflitto con l’Etiopia, in Eritrea si è formata una forte e violenta dittatura che governa ancora il paese ed è condannata dalle Nazioni Unite. Molti hanno tentato la fuga dal paese, per scappare dalla fame ma anche dalle persecuzioni terribili, imposte dal regime, che violano i diritti umani.
Gli eritrei e tutti gli altri migranti che giungono nelle nostre città vedono nell’Europa una società libera, radicalmente opposta a quella che hanno abbandonato. Qualcosa di molto simile a una sorta di nuovo mondo. Fra i tanti che si sono decisi ad intraprendere questo viaggio della speranza, ad un certo punto, ci sono stati anche Ahmed, suo padre e sua fratello minore. Gli unici rimasti in vita o non arrestati e deportati della sua famiglia, dopo la guerra con gli etiopi e le persecuzioni della dittatura.
Daniele conosce bene la storia di questo piccolo cittadino dell’Africa. L’ha ascoltata con molta attenzione una sera in cui ha abbassato le saracinesche decidendo di accogliere il terribile racconto della lunga camminata per arrivare sulle coste della Libia, le percosse, le violenze e le umiliazioni che lui e altre povere anime di quel continente avevano subito arrivando su quelle spiagge.
Poi il racconto del barcone che doveva trasportarli sull’isola di Lampedusa e il ribaltamento dello stesso. L’orrore della visione della morte di suo padre e suo fratello, inghiottiti da quelle acque, agitate e fredde e complici della nera signora: la morte.
Lui si è salvato per miracolo ed è arrivato sull’isola solo, spaventato e morto dentro. Pochi mesi dopo, Ahmed è giunto a Milano, ma il suo intento è rimasto sempre quello di raggiungere, in ogni modo possibile, prima o poi, gli zii e i cugini in Norvegia. Daniele aveva ascoltato quella storia in silenzio e piangendo. Sono diventati amici ed ogni sera tiene da parte panini e brioche da donargli. Gli sembra di aiutarlo con poco, ma per Ahmed quel poco è essenziale.
“Uè, bauscia nerazzurro”, urla una voce proveniente dall’entrata. “Vi va bene se nevica stasera, così sospendono la partita e vi risparmiate la sofferenza di veder prendere, dopo l’andata, altre tre pere dal Real Madrid!”. È arrivato Gigi, il custode dello stabile di fianco. Gran tifoso, come avrete sicuramente capito, del Milan.
“Ma va a casa, menagramo d’un menagramo…”, risponde Daniele mentre Gigi, sorridendo, si scosta tenendo la porta aperta, per far entrare una cliente. Subito dopo saluta con la mano, andandosi a infilare dentro al suo portone.
“Buonasera Daniele, mi prepara uno dei suoi meravigliosi cocktail analcolici?”
“Buonasera Lisa, certo. Si sieda che glielo preparo e glielo servo subito”
Ecco un’altra affezionata cliente del bar Dani. Lisa è una ragazza di ventisei anni, appena laureata in economia e commercio. Viene dalla provincia di Treviso e si è stabilita a Milano da quattro mesi, perché ha trovato, al momento, un lavoro come stagista in un importante azienda in centro. Ha un contratto di sei mesi e la speranza che gli venga rinnovato per ulteriori sei mesi e che, prima o poi, possa essere assunta e magari scalare qualche posizione, all’interno dell’organigramma aziendale.
Ma ha già capito che non sarà semplice, avendo potuto vedere con i suoi occhi, in questi primi mesi di lavoro, alcuni colleghi e colleghe che, dopo alcuni rinnovi di contratto, vengono tranquillamente e, senza troppe remore, lasciati a casa. Già, è dura la vita di questi tempi per un giovane che si approccia al mondo del lavoro.
Si sta costruendo un mondo per le nuove generazioni, con poche certezze e moltissime preoccupazioni. Sembra quasi che i diritti dei lavoratori, non solo quelli dei giovani, interessino sempre meno all’opinione pubblica e possano venire calpestati liberamente. Il mondo evolve tecnologicamente, ma retrocede sui diritti fondamentali di qualunque individuo.
“Ecco il suo cocktail, signorina”
Ma Lisa non è lì solo per sorseggiare un cocktail e per scaldarsi un poco. È lì per aspettare Alberto. Anzi, il Dottor. Alberto Testori, medico di base di zona, con cui ha iniziato da poco più di un mese una relazione. Galeotte furono proprio queste mura.
Quasi ogni sera il dottore, dopo aver chiuso lo studio, si reca al Bar Dani, dove fa un aperitivo prima di tornare a casa e scambia due parole con Daniele e gli altri avventori del bar. È un bell’uomo il dottore, ha appena compiuto quarantadue anni e, fino a poco tempo fa era single. È stato sposato una decina di anni, ma le cose fra lui e la sua ex moglie, a un certo punto, hanno iniziato a non funzionare. Di comune accordo, avevano deciso di separarsi e poi divorziare.
Alberto si era gettato a quel punto a capofitto nel lavoro. Non aveva intenzione di cominciare una relazione con nessuna. Anzi, cercava di tenersi a debita distanza dalle donne. Fino a quando, una sera, girandosi dal bancone del bar verso un tavolo, non era inciampato negli occhi e nel sorriso di Lisa, che rideva di gusto a uno scambio di battute fra lui, Daniele e Ahmed.
Ma voi, avete presente il potere di un incrocio di sguardi? Oppure quanto può illuminare tutto quello che c’è intorno a un bel sorriso? Vi auguro davvero di averlo provato.
Lisa e Alberto avevano iniziato a parlarsi. Anche a lei il medico piaceva. Si era sentita subito affascinata e attratta dalle sue mani e dalla sua voce. Si erano dati appuntamento alla stessa ora la sera successiva ed erano usciti a cena. Si erano raccontati molto l’uno dell’altra e avevano capito di avere molte cose in comune. Alla fine della cena, rientrando a casa, sotto l’abitazione di lei, si erano baciati, fermando il tempo attorno a loro.
Erano innamorati quei due e Daniele, il nostro barista, ogni volta che li vedeva insieme, si sentiva senza falsa modestia, un po’ come Cupido, il Dio dell’amore. Era come se la freccia per quelle due anime, l’avesse scoccata lui con le sue mani. Lo raccontava spesso a sua moglie, che rideva moltissimo e lo prendeva un po’in giro. Ma per lui era così.
“Ciao a tutti, belli e brutti”. All’arrivo di Alberto Il viso di Lisa si illumina.
“Dottore che ti porto, il solito?” Il nostro medico beve solo birra doppio malto rossa, ne è un estimatore.
“Si grazie”, risponde avvicinandosi al tavolo da Lisa. Si guardano, come se nessuno dei due avesse mai visto nulla di simile. Si salutano senza mai staccare gli occhi l’uno dall’altra e si baciano.
“Come è andata la giornata mio bel dottorino?”
“Pesante, piccola e la tua?”
“Densa di roba da archiviare, di documenti da fotocopiare e di molti caffè al distributore della ditta”
“Senti, che ne dici se finiamo di bere, scappiamo a casa di corsa e ci facciamo portare un po’ di giapponese?”
“Direi che è un’ottima idea”
“Sì, ma muoviamoci, perché cadrà la neve a breve. Non vorrei mai che non riescano a consegnarci il cibo. Il nostro frigorifero è quasi vuoto!”
Già, in quel preciso istante a Daniele torna in mente che dovrà tornare a casa chissà sotto quanti centimetri di neve.
Incita i ragazzi che lo aiutano a iniziare a sistemare i tavoli. Poi si ferma a guardare il suo locale, i suoi clienti. Si sente bene, realizzato. Ha costruito tutto con tanta fatica, ma sente che gli è riuscito davvero bene.
Ad un tratto, la piccola Matilde esclama:
“Ehi, guardate nevica! Guardate che fiocchi!”
Tutti voltano lo sguardo verso le vetrine e a poco a poco si avvicinano ad esse. La magia di quello spettacolo li lascia incantati.
Ahmed vede per la prima volta nella sua vita la neve. I suoi occhi neri e la bocca spalancati e immobili in una posa di meraviglia e stupore.
La signora Rosa, guarda sua nipote saltellante e felice e si commuove e le torna in mente quanto suo marito amasse il candore della neve.
Lisa e Alberto guardano all’esterno abbracciati i fiocchi cadere e danzare lentamente.
Daniele li osserva tutti da dietro il bancone del bar. Smette di pensare ai possibili problemi del viaggio di ritorno a casa. Gli piace quell’immagine.
Decide di prendere il cellulare e senza farsi vedere scatta una foto per immortalare quel momento, per provare a fermare quell’istante di magia e purezza.
Nel frattempo, alla radio, da colonna sonora a quel momento, parte una canzone: “Chiudi gli occhi e immagina una gioia…” *
*Costruire – Niccolò Fabi
Rocco Carta
Un racconto merita sempre qualcosa in più che un semplice indice di gradimento. Proverò quindi a esprimere di getto,quel che ho raccolto dal racconto. Una piacevole atmosfera milanese e Natalizia in un bar di un quartiere midle class sicuramente indovinato perché Daniele ci sa fare e perché la sua matrice meridionale lo motiva più alacremente per consolidare uno status mai consolidato per sempre. Il condimento dei personaggi risulta però alquanto buonista…appagato nel rasserenare uomini…situazioni e psicologie. Il messaggio che vuole conseguire è di rassicurare tutti in quanto nel microcosmo tratteggiato trionferà sempre il bene. Ne siamo proprio sicuri???
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Grazie Piercarlo per il commento. Ho descritto una situazione in effetti positiva in questo racconto. Ma erano le sensazioni che scrivendo sono uscite fuori. Chiaro che non è sempre così. Vi saranno anche dei racconti in futuro dove il bene non trionferà. 😊
Buona serata e grazie ancora per averlo letto
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