
“Tutti parlano di pace ma nessuno educa alla pace. A questo mondo, si educa per la competizione, e la competizione è l’inizio di ogni guerra. Quando si educherà per la cooperazione e per offrirci l’un l’altro solidarietà, quel giorno si starà educando per la pace”.
Maria Montessori
Uno dei compiti di ogni educatore dovrebbe essere quello di educare, fin dalla tenera età, alla pace, alla solidarietà, al prendersi cura e all’avere cura dell’altro, facendo in modo che questi tre punti diventino prassi nella crescita e nella vita.
Quando dico “educatore”, non intendo solo chi svolge questa importante professione, ma ogni adulto, che dovrebbe avere come compito e obiettivo nella propria vita quello di arrivare a questo traguardo.
Se desideriamo un mondo di pace e aperto, senza chiusure e nel rispetto universale di qualsiasi differenza, bisogna educare i bambini e i ragazzi a non creare divisioni tra le persone, a risolvere i conflitti in maniera serena, a mettersi nei panni altrui, a non caricarli di frustrazioni e a non farli crescere in ambienti dove circolano parole d’odio, spesso generate da politici e potenti che non hanno a cuore la causa della pace.
Parole e azioni negative spingono spesso gli adulti a entrare in conflitto, a ripetere quelle narrazioni fino a trasformarle in dogmi, abbandonando così l’obiettivo di un mondo pacifico e finendo per inquinare questo fondamentale e importante processo.
I bambini non nascono con pregiudizi: è crescendo che spesso li assimilano da chi li educa, perdendo quella primordiale apertura verso gli altri e sostituendola con paure e ansie nei confronti di chi l’adulto di riferimento reputa pericoloso o diverso, convincendoli che con alcune persone sia meglio mantenere la distanza o addirittura entrare in conflitto.
Eppure è attraverso il senso di giustizia, la libertà delle interconnessioni, la gioia dell’incontro e la possibilità di vivere in un ambiente culturale senza costrizioni che si forma la coscienza del futuro adulto: un adulto desideroso di un mondo di pace.
Se dovessi adottare la parola “arma” – parola certamente non etimologicamente pacifista – la userei per descrivere l’educazione come lo strumento più efficace per toccare i cuori e le menti dei bambini e, attraverso quest’arma potente, arrivare a una vera educazione alla pace.
Soltanto attraverso l’educazione si possono costruire cittadini del mondo pronti a edificare ponti di pace.
Non permettendolo, non credendoci e non mettendosi in gioco per la riuscita di questo obiettivo, si rischia di plasmare un mondo violento e dedito alla guerra, un mondo senza futuro.
Non smettiamo mai di educare alla pace.
Rocco Carta

