Non rimane che continuare a inseguire un’utopia

Ho creduto che si potesse vivere in un mondo dove l’umanità avrebbe vinto sulle disuguaglianze, un mondo che smettesse di tifare per l’uno o per l’altro e si facesse carico di solidarietà da elergire.
Un mondo dove i confini sarebbero stati solo dei disegni sulle cartine geografiche.
Un mondo dove la creatività, la capacità di trasformare e di trasformarsi sarebbe stata al servizio di tutti e non al servizio di costruzioni e vendita di armi.
Un mondo unito sotto un’unica parola: PACE, una parola che non dovrebbe smettere mai di risuonare da nessuna radio, da nessuna TV, da nessun cellulare, da nessun libro
Una parola da urlare, studiare ed evidenziare nelle scuole e nelle piazze, una parola da fare amplificare anche dai megafoni  dei palazzi del potere e invece…
Invece, come sempre,  rimane un’utopia, come sempre noi che camminiamo sul mondo, dominandolo, schiacciandolo e devastandolo, invece di solidarietà e fratellanza, di difenderlo, portiamo avanti fanatismo 
stando dietro a proclami di una serie di palloni gonfiati a cui conviene questo tenere tutti disuniti, cercando di far esultare la propria curva quando sotto una bomba muore un bambino, un anziano, si distruggono case e ambienti circostanti, come se il calciatore della nostra nazionale avesse appena segnato un goal, invece di farci piangere, farci indignare per vite che si spengono ovunque queste cose accadono, ovunque avvengano.
Davvero non ci tocca più?
Davvero crediamo che bombardare, scatenare guerre, vendette, sia la soluzione?
Davvero molti di noi non credono che sia più efficace la via della diplomazia, il confronto, il parlarsi invece del sputarsi addosso e del puntarsi pistole alle tempie?
Ho creduto, essendo nato nel secolo scorso, forse perché mi era stata raccontata una speranza, di poter vivere e raggiungere finalmente un mondo solidale, un mondo di fratellanza. L’ho creduto quando da ragazzo ho visto crollare muri e mi sbagliavo.
Non mi arrendo e riparto da capo per raggiungere passo dopo passo questa utopia, sperando non sia troppo tardi neanche ricominciare da capo.
La inseguo ben essendo consapevole della probabilità di non raggiungerla ma compiendo ogni passo per provare,almeno, a farla raggiungere da chi proseguirà, dopo di noi, il cammino.
Non posso fare altro, ma non si può smettere di sperare e di inseguire questa utopia.

Continuare a camminare proprio come diceva un grande scrittore e maestro uruguaiano…

Rocco Carta

P.s.

L’utopia è come l’orizzonte: cammino due passi, e si allontana di due passi. Cammino dieci passi, e si allontana di dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. E allora, a cosa serve l’utopia? A questo: serve per continuare a camminare”

Eduardo Galeano

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