
Ma come diavolo si risolve il cubo di Rubik?
Quando ero piccolo ci ho provato per ore e ore, completavo una facciata, arrivavo a due e poi basta, se fossi andato avanti anche le due facciate sarebbero state disfatte.
Una cosa che ho sempre odiato: le cose iniziate, lasciate o fallite a metà.
Comprai anche un libro per cercare di risolverlo, di portarlo a termine, ma nonostante l’uso delle figure e delle spiegazioni, riuscivo a comporre sempre e solo due facciate.
Ero un ragazzino; eppure, capivo che la logica non era proprio il mio forte e forse non lo sarebbe stata mai. Difatti, anche in matematica, non è che me la cavassi egregiamente, così come non sono diventato un fenomeno della materia nemmeno oggi che di primavere ne ho alle spalle un bel po’.
Ciò detto, quell’aggeggio per me infernale, mi metteva alla prova, mi sfidava. Al mondo qualcuno che lo aveva risolto esisteva e anche nel mio quartiere, si mormorava di qualcuno che dopo maratone di ore, aveva portato a termine l’impresa, ovviamente senza testimoni oculari presenti.
Provai altre volte. Ero e sono un testardo, ariete di segno zodiacale ma anche come caratteristica, vera testa dura.
Fino a quando preso dallo sconforto, non lo lanciai dal quarto piano della casa dove abitavo. Convincendomi che non ci potesse essere nessuna possibilità di risoluzione a quell’enigma a forma cubale.
Nessuna soluzione, esattamente come spesso accade di pensare a fatti o eventi che arrivano nella nostra vita, nessuna soluzione!
Per anni con quell’aggeggio che mi aveva regalato l’onta di tante sconfitte, non ci ho più avuto nulla a che a fare.
Fino a quando, Will Smith protagonista del film “La ricerca della felicità” in una scena, non me lo ha fatto tornare davanti agli occhi, ovviamente risolvendolo in poco tempo.
La mia razionalità, vabbè la mia invidia, mi fece subito pensare: “certo è un film, in un film tutto può riuscire.”
Peccato che il lungometraggio era basato su una storia vera e, a quanto pare, il protagonista reale della storia, riusciva a risolverlo davvero.
Qualcuno lo aveva risolto, ed era chiaro che altri lo avevano risolto in giro per il mondo esattamente come lui. Si può risolvere il cubo.
Tra l’altro nel film, Will Smith, di problemi da risolvere ne aveva davvero di enormi e alla fine, esattamente come il cubo, riusciva a mettere in ordine ogni tassello.
Tutto può andare al suo posto, tutto si può si risolvere.
Negli ultimi anni il cubo è tornato di moda. I ragazzini con cui lavoro a scuola o nei centri estivi, si dilettano nella risoluzione e addirittura con aggeggi di varie forme (a piramide, a triangolo, a cono, ecc.) e lo risolvono! Mortacci loro se lo risolvono e in poco tempo, facendomi credere di essere l’unico stordito a non riuscirci dato che mi fermo ancora alle due facciate complete, sich!
Ma il trucco c’è. Loro oltre ad avere una logica più alta della mia, hanno l’opportunità di recarsi su YouTube dove flotte di altri ragazzini di ingegno arguto, attraverso video, i così detti tutorial, ti spiegano come risolvere il tutto e in pochi minuti.
Capito le facilitazioni delle nuove generazioni eh?
Tutto vero, ma loro rispetto al ragazzino che ero io, ci si divertono, lo usano come un gioco e a volte come antistress, a me lo stress lo procurava, ma soprattutto hanno compreso tramite questo arnese e tramite i tutorial, che con pazienza e dedizione tutti i problemi si risolvono, anche quelli dove hai provato più e più volte fallendo.
Una ragazzina dopo averlo risolto, mi ha proprio detto che l’insegnamento di quel gioco era proprio quello;
“Nessun problema non ha soluzione! Basta avere pazienza e continuare a provarci”.
Insomma, come spesso mi accade mi ero arreso a metà dell’opera ed è una cosa da non fare, anche quando si pensa di non essere portati per arrivare a quella risoluzione.
Comunque, io il cubo nonostante tutorial e insegnamenti dei ragazzi con cui lavoro, non sono ancora riuscito a completarlo, ma l’ho voluto non solo come status symbol degli anni 80 nella copertina del mio libro ma anche come esempio che tutto, se lo si vuole, può essere portato a termine. Sempre!
Rocco Carta