
C’è qualcosa di paradossale nei nostri tempi.
Una notizia arriva, rimbalza sui nostri schermi, e subito parte la corsa al commento. Non c’è attesa, non c’è silenzio, non c’è spazio per la riflessione. Prima ancora di capire di cosa si tratti, ecco già apparire colpevoli, mandanti, capri espiatori. Bastano poche righe, magari basate su illazioni o, peggio, su notizie false, e la macchina del giudizio si mette in moto. Senza un tribunale, senza una sentenza.
Vivere in un mondo così fa male.
Non aiutano i media: anzi, spesso gettano benzina sul fuoco. Hanno un pensiero da difendere, una narrazione da sostenere, e così scrivono e parlano senza ritegno. Non c’è tempo per verificare, non c’è prudenza nell’attendere conferme: conta solo la velocità, l’impatto immediato, il titolo che fa scalpore.
Così, tutto diventa più frenetico.
Non ci sono freni.
Non ci sono tentennamenti.
Le notizie arrivano, e in un lampo prendono forma attacchi contro chi, sulla base di presunti fatti non verificati, viene già indicato come responsabile della nefandezza del giorno.
Sono narrazioni tossiche.
Narrazioni che alimentano odi.
Narrazioni che partono dall’alto e trovano terreno fertile in basso, nei nostri telefoni, nelle nostre mani.
E noi, spettatori e complici, diventiamo burattini alla mercé di chi queste storie le costruisce. Invece di fermarci, ragionare, pesare le parole, finiamo per muoverci dentro un teatrino squallido, recitando ruoli che non ci appartengono ma che ci vengono imposti.
Forse sono stato troppo fiducioso nella capacità umana di pensare, di leggere con attenzione, di comprendere un testo. Troppo fiducioso nel credere che si potesse ancora aspettare, prima di lanciare sentenze su un fatto di cronaca. Ma più osservo ciò che accade, più sento crescere lo sconforto.
Non avrei mai immaginato di assistere a un simile degrado. Eppure eccoci qui: non è solo la tecnologia, non è solo la velocità con cui ci arrivano le notizie. La vera colpa è nella nostra incapacità di elaborarle, nella mancanza di quei freni interiori che ci permetterebbero di analizzare con calma, con lucidità.
Ed è questo che fa più paura: vedere che, passo dopo passo, tutto peggiora. Che lo fa in maniera esponenziale. E che noi, invece di reagire, sembriamo quasi abituarci a questo vortice.
Rocco Carta

